La Corte di Giustizia della ComunitEuropea (nelle sentenze 25 febbraio <?xml:namespace prefix = st1 ns = “urn:schemas-microsoft-com:office:smarttags” />1999 in causa C-131/97 e 2 ottobre 2000 in causa C-371/97) ha statuito che dalle direttive del Consiglio 75/362/CEE (artt. 5 e 7), 75/353/CEE (art. 2, n. 1, lett. c.) e 82/76/CEE derivava l’obbligo incondizionato e sufficientemente preciso di retribuire la formazione del medico specializzando.<?xml:namespace prefix = o ns = “urn:schemas-microsoft-com:office:office” />
L’adempimento di tale obbligo, ove lo Stato membro (come nel caso dell’Italia) non avesse adottato nel termine prescritto le misure di trasposizione delle direttive, avrebbe dovuto essere assicurato mediante gli strumenti idonei previsti dall’ordinamento nazionale.
Tale interpretazione deve essere condivisa, con le consequenziali statuizioni sul riparto della giurisdizione.
Con la domanda formulata dall’originario ricorrente, comunque qualificata (e, cio quale pretesa fondata su un’applicazione retroattiva del D.Lgs. n. 257 del 1991, ovvero sull’obbligo dello Stato di risarcire il danno derivante dalla mancata trasposizione) stato fatto valere, in ogni caso, un diritto soggettivo: spettava, quindi, al giudice ordinario verificare quale fosse l’esatta qualificazione giuridica del diritto fatto valere, seguendo le indicazioni date dalla Corte comunitaria nelle citate sentenze, oltre a quelle rese in materia di risarcimento da mancato adempimento di obblighi derivanti da mancata o inesatta trasposizione di direttive.
La Suprema Corte, pertanto, cassa la decisione del Consiglio di Stato che disattendeva l’eccezione di prescrizione quinquennale o in subordine decennale sollevata dal Ministero, in quanto questo non avrebbe indicato il dies a quo della decorrenza della prescrizione e non avrebbe dimostrato “l’inesistenza di atti interruttivi da parte del ricorrente”. [Avv. Ennio Grassini www.dirittosanitario.net ]
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