Correttamente i giudici di merito hanno tratto la conseguenza che l’intervento del naturopata avesse offerto un contributo appunto determinante nella causazione della morte della vittima, almeno sotto il profilo della sua anticipazione, il che equivale alla sua causazione alla stregua del principio desumibile dall’art. 41 c.p., comma 1, per cui accelerare il momento della morte di una persona destinata a soccombere equivale a cagionarla.<?xml:namespace prefix = o ns = “urn:schemas-microsoft-com:office:office” />
infatti evidente che si cagiona la morte di un soggetto non solo quando la morte avvenga istantaneamente, ma anche quando si determina la anticipazione dell’evento letale. Una volta accertato, come nel caso in esame, sulla base di perizie medico legali incontestabili, che la donna, se tempestivamente e debitamente curata, avrebbe avuto una alta probabilitdi salvezza o quanto meno di sopravvivenza nel tempo, resta infatti irrilevante la circostanza che sarebbe, sia pure con minore probabilit morta comunque per il carcinoma, poichlipotesi che sarebbe morta in un momento successivo a quello in cui avvenuta la morte integra comunque la anticipazione della morte e quindi la sua causazione.
Limputato, fra l’altro, possedeva cognizioni mediche (avendo frequentato buona parte del corso di laurea in medicina) tali da consentirgli di rappresentarsi come altamente probabile la morte della vittima – ovvero la accelerazione della morte, il che lo stesso, secondo quanto prima chiarito – in conseguenza della omissione di terapie mediche nel periodo iniziale della malattia in cui sarebbero state risolutive od avrebbero comunque prolungato di molto la sopravvivenza. Pertanto, aveva accettato levento con dolo diretto, pur se la sua volontera intenzionalmente diretta ad ottenere dalla vittima le somme di denaro che chiedeva per somministrarle la terra delle Dolomiti, il succo di carote e quant’altro. [Avv. Ennio Grassini www.dirittosanitario.net ]
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